Resilienza, forza e coraggio

Resilienza.

Se vuoi puoi.
Forza, coraggio.

Sinceramente la trovo tutta retorica da motivatori social da 4 soldi. Perché si tratta di retorica.

Quando ti accade qualcosa di brutto (e quando accade che quel qualcosa siano bizzeffe di mine vaganti), le cose acclarate sono 2:

1) il caso.

La fortuna esiste eccome, per citare il caro, vecchio Woody Allen:

"Chi disse preferisco avere fortuna che talento, percepì l'essenza della vita...

A volte, in una partita, la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre, o tornare indietro. Con un po' di fortuna va oltre e allora si vince. Oppure no. E allora si perde" - Match Point.

Puoi metterci tutta la tenacia del mondo, rialzarti, riprovare, ma se i calci arrivano li prenderai a ripetizione, senza neanche bisogno di porgere l'altra guancia, che nel mentre ti staranno pure schiaffeggiando.

Possiamo solo subire stoicamente ciò che accade, provando a navigare a vista in un mare torbido, un passo dopo l'altro.

E qui veniamo al punto 2)

resilienza forza coraggio

Ovvio che ti rialzerai, a meno che tu non sia talmente tanto sopraffatto dai guai e dai dispiaceri della vita, tanto da mollare del tutto (e a quel punto anche la collettività ha fallito e in ogni caso i giri della nostra mente a volte sono misteriosi); ti rialzerai, perché è l'unica cosa che puoi fare, andare avanti e continuare a provare in modo indefesso.

Sdoganiamo questa cultura per cui siano da ammirare le persone forti, quelle toste e coraggiose, che non mollano mai, resilienti, appunto.

NO, io ammiro quei poveracci che prendono schiaffi, jella, calci e si concedono di poter piangere, di dire basta, di urlare contro la vita tutto il loro dolore e piangersi pure un po' addosso. Perché poi dovranno comunque alzarsi e metterci una pezza, continuare a provare e sarà d'obbligo farsi forza. E non perché siano resilienti e non mollino mai, ma semplicemente perché la sopravvivenza implica l'andare avanti.

Non torneranno più com'erano prima, altro che resilienza (la capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi); saranno scuciti, strappati, rotti, malconci, tristi. Sì, tristi, perché sentiranno il peso di una società che gli urla "se vuoi puoi! Coraggio! Forza!" quando non è che uno sia matto che dica "ah no, scusate, io sono contento di non concludere nulla, di stare male, di avere solo guai, di essere sopraffatto".

E se anche ad esempio, un atleta dopo un infortunio, decidesse di non proseguire io non me la sento di giudicarlo. Non me la sento di dire "quello è un grande perché si è rialzato subito, quell'altro è un guerriero". Ma chi siamo noi per sapere cosa stia provando? cosa prova una persona malata, che soffre?

Rivendico il mio diritto di stare male, di maledire il mondo e la sfortuna. Tanto, la vita per diverso tempo (si spera) busserà alla mia porta e io dovrò farmi trovare pronta. Con buona pace della signora resilienza, che la mattina non deve alzarsi, prendere la metro e andare a guadagnarsi la pagnotta per il mutuo a 40 anni, le bollette, le spese, le visite mediche. Che quel mutuo, se vuoi, puoi pagarlo in comode rate mensili. Anzi devi.

Dedicato a tutti coloro che non mollano, semplicemente perché non possono e si sentono giù di morale, stremati e tanto tanto stanchi.

Sorridete, che non siete i soli a fare schifo, siamo tanti. I super uomini e le super donne li lasciamo nelle serie tv. Noi siamo umani. D'altronde come diceva Miss Rossella: "domani è un altro giorno". 

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